🕑 Tempo di lettura 4-6 minuti
Le corporazioni, che erano nate con l'essere libere e volontarie, avevano finito con il diventare obbligatorie per tutti coloro che volevano esercitare un certo mestiere.
L'inizio della quasi totalità degli statuti citava: "Statuimus [...] quod de cetero nulla persona terriera seu forensis audeat facere dictum misterium nisi erit guadiata in misterio".
Caratteristica è la parola utilizzata per indicare l'entrata nel mestiere, cioè guadiare se sub gastaldione, che voleva dire impegnarsi e promettere obbedienza all'Arte nella figura del suo capo: rappresentava dunque una sorta di rapporto di vassallaggio.
L'ingresso
L'ingresso nell'Arte era vincolato dal pagamento di una intratica, una tassa giustificata dal possesso di alcuni beni e calcolata sulla base dell'importanza del mestiere e la ricchezza di coloro che lo componevano.
Variava dalle tre libbre di panni pignolati a 10 soldi. Soloi bubulei (i carrettieri) erano esenti dal versamento di ogni genere di tassa.
Il pagamento comportava un diritto considerato ereditario: i figli legittimi erano esonerati da ogni pagamento successivo, purché fossero pronti ad entrare nell'Arte all'invito del Gastaldo (che era a capo della corporazione). Questa politica serviva a favorire la continuazione del mestiere che veniva praticato nella famiglia.
Se però si commetteva una gravis culpa si poteva rischiare di perdere il diritto. Per essere successivamente riammessi, si era ovviamente costretti a ripagare l'intratica. Questa volta, però, si era impegnati a vita.
La struttura amministrativa
Le corporazioni avevano a capo uno o più gastaldi, che erano eletti secondo uno statuto della Domus risalente alla prima metà del XIII sec.
Tutti i confrates non banditi, dopo aver prestato giuramento, eleggevano gli ufficiali la cui carica era scaduta: l'eletto non poteva rifiutare l'incarico,
altrimenti veniva costretto ad accettare comunque, non di prima però di aver pagato una multa.
Quest'obbligo venne probabilmente introdotto a causa della gratuità della carica, definita da Cangrande con lo statuto del 1319.
Le altre figure di riferimento erano il fideiussore, che sostituiva il gastaldo e doveva fideiubere, far garanzia ai soci, cosicché i suoi beni potessero venire pignorati al posto dei loro; vi era poi il massaro che curava le entrate, le spese e conservava i pegni.
Non tutti i mestieri, inoltre, necessitavano di consiglieri, il cui numero variava da 2 a 4, e del notaio, l'elemento tecnico che aveva l'incarico di mettere ordine nell'amministrazione, cosa non del tutto facile perché per quanto riguardava bollette, licenze, denuncie e relazioni, la Domus effettuava un controllo meticoloso.
La durata di tutte queste cariche era semestrale come per la Domus, e bisognava indire le nuove elezioni tra Natale e Capodanno, e prima di S. Pietro a giugno. I gastaldi e i fideiussori non erano considerati tali finché non prestavano giuramento di manutenere honorem comunitatis mercatorum Verone, e solo dopo di esso potevano assistere alle udienze della Domus.
A fianco di questi ufficiali che aveavano un compito direttivo ed amministrativo, vi erano i procuratori, cioè quattro soci esperti del mestiere che il gastaldo ed il fideiussore dovevano nominare entro 8 giorni dalla loro elezione nella corporazione. I procuratori avevano il compito di segnalare coloro che violavano gli statuti e gli ordinamenti, anche le regole non scritte dell'Arte, riferendo gli accadimenti ai consoli o al podestà della Domus.
Per quanto riguarda l'Arte della Lana, al di sopra dei procuratori erano posti anche i sopraprocuratori che dovevano controllare l'operato di quest'ultimi.
La Legislazione statutaria veronese
La legislazione veronese delle Arti si presenta in una forma inconsueta rispetto alle altre fonti statutarie medievali per effetto delle limitazioni imposte dalla Domus, che ne rappresentava l'emanazione e aveva il potere di autorizzare,
approvare le regole, gli statuti e controllare la vita interna delle Arti.
Proprio grazie alla Domus, dunque, che approvava gli statuti e li trascriveva nel Liber statutorum misteriorum Verone, ci sono giunti organizzati in un unico volume e coordinati fra loro con disposizioni comuni.
Questi Liber statutorum misteriorum Verone vennero replicati quattro volte nella vita della Domus, ovvero nel 1260, 1319, 1493 e 1711. Le prime due furono vere e proprie revisioni, mentre le ultime semplicemente trascrizioni o riordinamenti dei materiali statutari.
L'influenza della Domus
Come visto anche nella sezione precedente, la vita delle Arti era regolata e limitata dalle prescrizioni della Domus. Ogni singolo aspetto organizzativo della corporazione
doveva essere prima approvato e, se necessario, modificato per non favorire una disparità produttiva.
In particolare per i panni erano stabilite lunghezze, altezze, peso. Queste caratteristiche della merce erano attentamente verificate dai procuratori al termine di ogni partita produttiva.
Qui sotto sono presenti due tabelle riportanti le disposizioni della Domus per quanto riguarda prezzi e dimensioni dei panni, contenute negli statuti del 1319.
Le Fonti
De centenario grixiorum amplorum ultramontis | X sol. |
De strictis vero de centenario | V sol. |
De centenario panni lini ampli | V sol. |
De centenario panni lini stricti | XXX den. |
De pecia panni de colore | II sol. |
De pecia scarlate | X sol. |
De capite pannorum huius terre | VI den. |
De capite anzuynorum | VI den. |
De pecia pannorum raze, bevalsii et omnium pannorum Francie | II sol. |
De pecia de garbellis | I sol. |
Fonte: Codice scaligero - Foglio 268 A
Fonte: Statuti 1319
(Click per ingrandire)
Gli antichi statuti delle arti veronesi secondo la revisione scaligera del 1319 con una notizia sull'origine delle corporazioni a Verona, L. Simeoni, 1914
L’anima della città - L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550), Edoardo Demo, 2001
Società e tecnica nel Medioevo (La produzione dei panni di lana a Verona nei secoli XIII-XIV-XV), Egidio Rossini, 1970